LETTERA
RICEVUTA VIA INTERNET Marzo 2003
Con
preghiera di farla conoscere a quante più persone possibile
Lettera
aperta di Gino Strada
GINO STRADA, chirurgo di
guerra, fondatore di Emergency
La
mattina presto abbiamo l'abitudine, qui nell'ospedale di
Emergency a Kabul, di dare una occhiata ai titoli dei quotidiani
su Internet. Dalla prima riga dell'editoriale del Corriere del 2
febbraio vengo a sapere di essere un Signor Né-Né,
neologismo coniato dal Signor Francesco Merlo nel commentare la
dichiarazione di Armando Cossutta di non essere «né
con Saddam né con la guerra».
Così,
additato come Signor Né-Né, ho cercato di capire
meglio chi sono e come la penso leggendo il resto dell'articolo.
Dopo poche righe ho scoperto- e mi ha sorpreso - di essere una
«scoria del pacifismo», una «serpe», anzi
un «lupo», di più, una astuta «volpe».
Mancavano il dobermann, il grizzly e lo squalo bianco, ma mi sono
preoccupato lo stesso, specie dopo aver saputo, qualche riga più
sotto, di essere uno che «solletica il "me ne frego"
irresponsabile, il qualunquismo».
Perbacco, mi sono
detto, o qualcosa di simile. Se ha ragione il Signor Merlo sono
davvero in una brutta situazione. Così ho deciso di
verificare se la penso davvero come il Signor Né-Né.
«Né con lo Stato né con le Br»: no,
qui il signor Merlo si sbaglia. Da sempre odio il terrorismo,
sono stato contro le Br e per lo Stato. Lo sarei ancora oggi, in
un momento in cui mi sembra che lo Stato italiano e le sue
istituzioni siano orientati in direzioni che non
apprezzo.
Rincuorato dal non essere almeno quel tipo di
Signor Né-Né, ho continuato la lettura. «Né
con la Resistenza né col fascismo»: anche qui - ma
come è possibile? - il Signor Merlo si sbaglia. Io sono
sempre stato antifascista e ho un grande rispetto, e anche una
grande passione, per lo spirito della Resistenza che ha portato,
tra l'altro, ad elaborare la Costituzione del mio Paese. E sono
talmente attaccato a quei valori e alla Costituzione, che mi ha
indignato il vedere che vari governi italiani - di centrosinistra
e di centrodestra - hanno in passato deciso di portare il mio
Paese in guerra votando contro la nostra Costituzione, che sento
anche mia. «Né con Hitler né con gli
ebrei»: come va giù pesante, Signor Merlo. Io sono
nato dopo la Seconda guerra mondiale, non ho ricordi diretti ma
ho ascoltato storie, letto libri, visitato luoghi. Mi è
capitato di piangere sui luoghi dell'Olocausto - tra le tragedie
più grandi nella storia dell'uomo - come mi è
successo anni dopo visitando Ground Zero, e in altri luoghi a Lei
sconosciuti. Non sono mai stato dalla parte di Hitler- in questo
concordo - ma sto, per motivi che le sarebbero incomprensibili,
dalla parte delle vittime. Dalla parte degli ebrei e di tutti gli
altri massacrati con loro dalla follia nazista. Per
le stesse ragioni sto dalla parte delle vittime del terrorismo. E
della guerra, Signor Merlo, che è la più
diffusa forma moderna di terrorismo.
E' scandalizzato,
Signor Merlo, da questa affermazione? Provi lei a trovare parola
più adatta che «terrorismo» per descrivere una
«attività umana» - quale è la
guerra - che uccide e mutila e ferisce e annichilisce esseri
umani, il novanta per cento dei quali civili innocenti. Guerra a
Saddam, l'anno scorso c'erano i Talebani e Osama, qualche altro
«mostro» è già in fabbricazione.
Avanti, alle armi, bombardiamo tutti, per i prossimi
cinquant'anni. Ogni volta, alla fine di una delle guerre contro i
«mostri»... il mostro è ancora lì.
Mentre almeno il novanta per cento delle vittime delle guerre
sono civili. Povera gente, che si vede innaffiata di bombe perché
il suo Presidente, di solito, è un dittatore in disgrazia
che ha litigato con gli alleati di prima.
«Effetti
collaterali» vengono chiamate, non so se anche lei abbia
usato quel termine. Spero di no. Perché sono certo, Signor
Merlo, che lei si indignerebbe, e soffrirebbe anche molto, nel
sentire liquidare la morte di suoi familiari sotto un
bombardamento come «effetto collaterale». Novanta per
cento di vittime civili: è un dato statistico, Signor
Merlo, come lei ben sa. Di tutte le guerre nell'ultimo mezzo
secolo. Ero quasi sicuro, a questo punto, di non avere alcuna
delle caratteristiche del Signor Né-Né, e invece mi
è arrivata la mazzata: «Né un soldo né
un uomo».
Ebbene, lo ammetto pubblicamente, su
questo punto sono un Signor Né-Né. Credo infatti
che l'Italia non dovrebbe fornire né un soldo né un
uomo a nessuna guerra. Anzi credo che il Parlamento
italiano dovrebbe condannare la guerra - non dovrebbe
essere difficile, la Costituzione la «ripudia» - e
starne rigorosamente fuori. Mi piacerebbe, glielo confesso Signor
Merlo, che qualche membro del Parlamento presentasse una mozione
proprio come l'ha suggerita lei: «né un soldo
né un uomo» per la guerra. Ci aggiungerei solo «e
neppure una base aerea né un permesso di sorvolo».
Vorrei l'Italia fuori dalla guerra, vorrei vedere etica e
umanità, e senso di giustizia, nella classe politica
italiana. Vorrei l'Italia fuori dalla barbarie.
Forse
vale la pena di parlare della barbarie, Signor Merlo. Nel 1996
Madeleine Albright, allora Ambasciatore Usa all'Onu prima di
diventare Segretario di Stato, fu intervistata dalla televisione
americana Cbs sull'embargo all'Iraq. «Abbiamo sentito
che mezzo milione di bambini sono morti in conseguenza
all'embargo. Ne valeva la pena, era necessario?» chiede
l'intervistatore. Risponde la Albright: «Penso che questa
sia una scelta molto dura, ma la posta in gioco... we think
the price is worth it». Pensiamo che per quella
posta ne sia valsa la pena. La barbarie, appunto. Vede, Signor
Merlo, io credo che un cervello umano normale, di fronte alla
domanda «valeva la pena di ammazzare mezzo milione di
bambini?» non possa rispondere «Sì». Se
invece qualcuno lo fa, come ha fatto la Signora Albright, se
risponde «Sì, ne è valsa la pena», io
le assicuro, Signor Merlo, di non aver più bisogno di
inventarmi mostri esotici con i quali guerreggiare: il mostro è
già lì davanti ai miei occhi. E' stato
talmente disumano quel progetto di distruzione dell'infanzia
irachena che due responsabili dell'Onu si sono dimessi «per
non essere complici di un genocidio». Cinquecentomila
bambini sono stati uccisi in Iraq tra il 1991 e il 1998 a causa
dell'embargo, come confermano rapporti dell'Onu, documenti
accessibili a tutti.
A proposito, di questo ha mai scritto
nei suoi editoriali, Signor Merlo? O crede anche lei che ne sia
valsa la pena? In ogni caso, avendo confessato di essere un
Né-Né, almeno su una questione, mi è venuta
anche qualche curiosità. Perché vede, Signor Merlo,
i suoi Né-Né sembrano un pugno di fanatici
furbastri, che hanno optato per «il modo peggiore, il più
ipocrita di stare con Saddam».
Anzitutto mi
piacerebbe sapere quanti italiani sono dei Né-Né.
Quanti di noi sono contrari alla guerra all'Iraq, a quanti di noi
fa schifo la prospettiva di un nuovo massacro per il petrolio,
senza perciò essere sostenitori di Saddam Hussein?
Perché non ce lo dice, Signor Merlo? Lei ha accesso alle
fonti, lei è l'informazione. A me, che sono semplicemente
un chirurgo, risulta che ben oltre i due terzi degli
italiani sono contrari alla guerra. A lei?
Questo almeno
potrebbe farcelo sapere, ci sarebbe utile, sapere quanti siamo.
Invece no. Lei preferisce il dileggio, l'insulto; e la retorica:
«E' vero infatti che noi occidentali sappiamo che il
pacifismo assoluto è un'utopia infantile, perché la
storia delle relazioni internazionali è fatta di
guerre, e le paci vanno difese con le armi perché
rappresentano la guerra in riposo».
Ma lei, Signor
Merlo, è sicuro di poter spendere concetti di questo
calibro a nome di «noi occidentali»? «Liberiamoci,
dunque, del signor Né-Né. Per una volta,
smascheriamolo "prima"». Ecco: smascheriamolo,
andiamo a vedere il pericoloso filoterrorista nemico della
sicurezza mondiale che si cela sotto le sembianze di Rosy Bindi.
Il che, nel codice di un certo giornalismo, significa di solito
via libera all'insulto, alla menzogna, alla calunnia preventiva:
smascheriamolo «prima».
Mi spiace, Signor
Merlo, è troppo tardi. Già dal 15 febbraio, lei si
accorgerà - ma in fondo lei lo sa già, è
che non le va di scriverlo, o a qualcuno non va che lei lo
scriva - di quanti Né-Né ci sono in Italia e
in Europa. Sa, Signor Merlo, ho l'impressione che il
partito della guerra del petrolio - quello di Bush junior della
Harken e di Bush papà del Carlyle Group (dove stanno anche
un po' di parenti stretti di Osama), quello di Dick Cheney della
Halliburton, di Condoleezza della Chevron, di Rumsfeld della
Occidental, il vertice della «grande democrazia
americana» tanto per capirci - non passi un gran
momento. Forse nemmeno gli amici «dell'amico George»
sono messi molto meglio.
Vorrebbero portare l'Italia
in guerra, un'altra volta, e la gente non ne vuol sapere.
Imbavagliano l'informazione in modo da renderla indistinguibile
dalla propaganda - ne sa qualcosa, Signor Merlo? - oppure la
gente non li ascolta. Rendono i telegiornali molto simili al
Carosello di buona memoria, eppure le persone continuano a
pensare, a riflettere, a porsi domande. Arrivano al punto di
predire la distruzione di Firenze in diretta tv, e un
milione di persone sfila pacificamente e solidarizza coi
cittadini, tutti insieme contro la guerra.
Che cosa
sta succedendo, Signor Merlo, i Né-Né sono sfuggiti
di mano, hanno opinioni diverse da quelle degli «opinionisti»?
A un attento editorialista come Lei suggerirei di stare a vedere
cosa succederà in Italia, Signor Merlo, se il Governo
proporrà di entrare in guerra violando la Costituzione e
se il Parlamento lo deciderà, votando contro l'opinione
dell'ottanta per cento dei cittadini italiani.
Ho come la
sensazione che non filerà via liscia, che i cittadini si
siano stancati di fare da telespettatori, che i padroni delle
testate debbano rassegnarsi a non essere anche padroni delle
teste...
Gino Strada
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